Per 70 anni è stata la casa del Calcio Padova, il luogo del cuore di tutti i tifosi biancoscudati, teatro di sfide epiche e custode di genuini ricordi ed emozioni di chi lo ha frequentato. Uno stadio freddo, lontano dal campo, nulla a che vedere con quel catino di emozioni che era l’Appiani. Fino a quando poi la serie A arrivò davvero e con essa il nuovo Stadio Euganeo. Si giocò 2 anni la serie A e poi fu declino fino alla c2 e molti campionati di C fino addirittura al fallimento e alla nuova rinascita. A due anni dal fallimento del 1988 si decise di utilizzare il simbolo araldico del Comune di Pistoia, incastonandolo poi in via definitiva in uno scudo (inizialmente, infatti, fu proposto a foggia circolare) nella cui parte superiore era inscritta la sigla arancione «A.C. PISTOIESE», nuova denominazione societaria, su sfondo blu. Come nel caso della Juventus, Kilpin si è ispirato al modello inglese: un cappellino a strisce rosse e nere, e una maglia degli stessi colori con lo stemma della città: una croce rossa su sfondo bianco. Essi sono presentati da un gioco di luci stroboscopiche e filmati risalenti al loro rispettivo periodo di consegna su sfondo nero e bianco, rispettivamente.
Il profumo dell’erba, di tabacco, la folla, il foglietto con il programma e le formazioni, gli annunci degli autoparlanti “Trenfor, casa della poltrona a Roncaglia di Ponte San Nicolò, Caffè nero, caffè bianco, il caffè che vale un Perù, grappa Modin… Il 1989 fu l’anno anche della misteriosa morte dell’ex calciatore del Cosenza Donato Bergamini, a cui oggi è intitolata la curva sud dello stadio San Vito. Dalla prima partita giocata del Calcio Padova, 0-0 contro l’Hellas Verona, fino al 1916 i biancoscudati giocarono nel campo di via San Massimo, maglia nera napoli nel borgo Portello. Questa trattoria, all’inizio di via Daniele Manin e a due passi da Piazza delle Erbe, era il “quartier generale” del mitico Padova di Nereo Rocco. Il campo successivamente fu intitolato a Walter Petron, giocatore biancoscudato e del Torino, morto a 26 anni in via Loredan nel marzo 1945 colpito da una scheggia durante un bombardamento. La squadra del Grande Torino, pochi mesi prima della tragedia, impegnata a Padova nel 1949 portò una corona di fiori sulla tomba di “Lalo”, e sul campo dove c’è una lapide che lo ricorda.
Le nazionali hanno un posto speciale nel cuore dei tifosi. Il 29 gennaio 1910 presso il bar Borsa in Piazzetta Garzeria, quando al posto del supermercato Pam c’era ancora l’ottocentesco Teatro Garibaldi, è la data di fondazione del Calcio Padova. Indimenticabili per i più anziani gli anni Cinquanta con il Padova nei primi posti della classifica in serie A fino al 3° posto del 1957-58. Erano anni in cui anche le grandi squadre spesso e volentieri venivano sconfitte dal Padova, sostenuto da quella muraglia umana di tifo e passione che era lo Stadio Appiani, definita la Fossa dei Leoni. Il progetto iniziale dell’architetto Gino Zavanella, lo stesso dello Juventus Stadium, era simile allo stadio di Genova, all’inglese con quattro tribune su pianta rettangolare. ” e ancora lo strillone sotto le tribune “Caramelle, all’anice, menta, doppia menta”. Per ottenere i finanziamenti del Coni fu realizzata una pista di atletica su una struttura a pianta rettangolare con le distanze massime tra la pista e le tribune. A renderle un vero capo d’abbigliamento, l’attenzione sempre crescente delle case produttrici che oltre a migliorarne costantemente la qualità dei tessuti, lavorano sodo per renderle sempre più stylish. Il Padova iniziò a giocarci un campionato fino 1916 prima dell’interruzione delle attività per l’incombere della Grande Guerra.
Costruito tra il 1914 ed il 1915 con il nome di “Stadium” è il più vecchio stadio comunale d’Italia realizzato “per i giuochi e per le corse ciclistiche e podistiche” nella zona dell’ex Foro Boario. L’emozione nel raggiungere lo stadio assieme a tanti altri padovani, di passare sotto la gradinata, prendere le caramelle dall’omino che gridava “Caramelle all’anice, menta, doppia menta… Nel 2018 con il cambio di proprietà lo stemma viene semplificato in una sorta di monogramma con la V e la A, iniziali del toponimo Varese, «fuse» insieme. La leggenda del Liverpool Kenny Dalglish ha sfoggiato il numero durante i suoi molti anni ad Anfield in cui si è affermato come un grande della Kop, insieme a Luis Figo e George Best. Guardando al valore invece completo, tra chi permette la possibilità di personalizzare completamente la maglia il costo più basso è quello della Real Sociedad: con 80 euro un tifoso infatti può acquistare una divisa completa di nome, numero e patch varie.